I leggendari tesori della Sardegna

In  Sardegna numerosi tesori antichi giacciono sepolti sotto la terra. Ma l'avidità di chi desidera arricchirsi facilmente deve fare i conti con creature fantastiche pericolose che abitano l'isola da tempi immemorabili. Questi esseri non esitano a proteggere i loro tesori con ferocia, infliggendo orrori inimmaginabili a chi osa disturbare la loro quiete millenaria...


Le seguenti parole sono tratte dall'opera(Leggende e tradizioni di Sardegna) di Gino Bottiglioni, a cui è ispirata la figura del "vecchio professore" del libro "Piccolo libro delle creature fantastiche della Sardegna". 


In queste pagine, Bottiglioni ci introduce ad un antico manoscritto che rivela l'esistenza di arcani tesori della Sardegna, e delle terribili creature che vegliano su di essi.




Scrive Gino Bottiglioni:  


Dal Prof. Taramelli, direttore del Museo di Cagliari, mi fu mostrata la copia di un curioso documento 154 in lingua spagnuola il quale contiene un lungo elenco di tesori nascosti in Sardegna, che sono indicati con una cura minuziosa; il compilatore ha certo lavorato in parte di fantasia, in parte deve aver attinto alle tradizioni esistenti nei vari luoghi, ma il documento non sembra scritto da uno che volesse burlarsi delle fole che i sardi raccontano intorno alle misteriose ricchezze raccomandate alla custodia della terra. In questo elenco, i tesori sono per la maggior parte collocati vicino alle chiese,155 ma il popolo crede che molti di essi giacciano anche nei pressi degli antichi monumenti preistorici. L’archeologo che, dopo uno studio accurato e paziente, arriva alla scoperta di una stazione neolitica, di una necropoli creduta ignorata, si accorge spesso di essere giunto troppo tardi e di essere stato preceduto dai cercatori di tesori che hanno frugato dappertutto e hanno messo tutto a soqquadro. I nuraghi sono minacciati continuamente dai pastori che, per trovare il prezioso deposito, ruinano e scavano con una fede cieca la quale rasenta il fanatismo. Non sono pochi i monumenti nuragici e le tombe dei giganti che prendono il nome dal tesoro che vi si crede sotterrato,156 come certe località per le quali sarebbe difficile determinare donde abbiano derivata la loro fama.157 A volte la fantasia popolare non si limita a creare l’esistenza di un tesoro, ma cerca anche di stabilirne l’origine; così parecchi tesori si credono dovuti alla munificenza dei giudici158 e nascosti al tempo loro, come quello che fu ricercato invano per oltre un ventennio a Sassari, nella casa detta di Michele Zanche.159 

A Esterzili, si crede che, nel monte Santa Vittoria, siano sepolti i paramenti e gli arredi sacri di sette chiese e le ricchezze di sette paesi che furono un tempo intorno al suddetto monte. I pisani, che ebbero a temere l’invasione di un popolo, seppellirono tutti i loro averi in un pozzo profondo quaranta metri e chiuso con uno strato di sabbia e di calce. Mi raccontarono che, essendosi trovata nel 1912 una carta nella quale si parlava di questo tesoro, furono fatti degli scavi, ma non si rinvenne altro che un idoletto di bronzo, delle perle antichissime e uno scheletro umano, perché le ricerche non seguirono le indicazioni precise del documento.160 Però in generale il popolo o attribuisce al tesoro un’origine favolosa o si contenta di sapere soltanto che esiste e che può venire in suo possesso per una fortunata combinazione, quantunque ciò sia tutt’altro che facile. Infatti, secondo le nostre leggende, per lo più il cercatore è sfortunato e vede fallire l’impresa proprio nel momento in cui sta per  afferrare le ricchezze bramate.161 Mi narrarono162 che una volta queste furono scoperte da una capra che, fuggendo dal gregge, si lasciò inseguire dal pastore e lo guidò, a poco a poco, sul luogo del tesoro; ma, per lo più, questo viene indicato direttamente a chi deve toccare, dal custode stesso.15. Infatti ogni tesoro è gelosamente custodito da uno spirito che lo concede, con determinate condizioni, a quello cui è destinato. Questi, appena riceve l’avviso, deve conservare con ogni cura il segreto e affrettarsi a compiere ciò che gli vien prescritto, dando prova di coraggio col restare impassibile davanti a qualunque manifestazione spiritica che tenda a spaventarlo; non ottemperando a quello che gli vien prescritto o ritardando nell’impresa, non troverà più il tesoro, ma solo del carbone e della cenere. Fra i sardi, si ripetono spesso degli scongiuri caratteristici per ritrovare i tesori, e i santi preferiti a cui si chiede la grazia sono Sant’Elena, San Silvestro, San Basilio,163 quantunque non sia sufficiente avere il favore del Santo, ma occorra soprattutto grande coraggio e prontezza di mente per interpretare ed eseguire subito la volontà dello spirito che tiene il tesoro.164

Questo può essere in possesso delle fate le quali, secondo una tradizione di Pozzomaggiore, abitavano sul colle di Monteòe e andavano di notte a svegliare colui che volevano arricchire, chiamandolo tre volte.165 Una graziosa leggenda che mi fu narrata a Esterzili, racconta di un umile pastorello che, capitato per caso nell’antro di una fata che stava in mezzo ad inestimabili ricchezze, tutte le rifiutò per avere un campanellino d’argento da mettere alla sua pecorella prediletta;166 così il pastorello di Bisarcio, condotto nei sotterranei della chiesa di Sant’Antioco, in presenza di una fata ricchissima di nome Giorgiana Jaròsa (forse la stessa Giorgia o Lucia rabbiosa di cui abbiamo parlato), preferisce di morire nella miseria, piuttosto che toccare quell’oro che quasi offende la sua modestia e la sua semplicità.167 Qualche volta i tesori sono guardati da un fantasma, come il terribile Don Blas d’Aragona che vigila sulle ricchezze nascoste nel castello di Burgos;168 più frequentemente il custode è l’anima di un prete o di un frate. Per esempio si crede che, nei pressi di Solanas, non lungi da Oristano, sia nascosto un gran tesoro, posseduto da un frate misterioso che si mostra a mezzogiorno e spaventa chi osa avvicinarsi;169 così, tra Guspini e Arbus, vicino ad una fonte miracolosa, appare di notte, con un lampioncino rosso in mano, un prete senza testa, il quale sta a guardia delle ricchezze che ha seppellito in quei luoghi, avendole guadagnate con loschi maneggi e con imbrogli che furon causa della sua morte violenta.170 Nei nostri racconti, si trova spesso la figura del prete che custodisce i tesori, oppure ha facoltà di prenderne mediante i suoi esorcismi.171 Infatti, nei solitari paesetti di Sardegna, sperduti fra i monti o disseminati a larghe distanze nella pianura, il prete rappresenta l’uomo più ricco e più colto172 che, per il suo ministero, può scongiurare gli spiriti che stanno a guardia dei tesori e che sono quasi sempre di natura diabolica come il Pundácciu o Ammuntadòre o la musca macèdda, un insetto terribile creato dalla fantasia dei sardi.


Note

154. È intitolato: Antiguedades de Sardeña sacades en ciudad de Pisa de los archivos autenticos. In fine si legge: «Per cavare del nostro autentico questo registro mi son pagato della moneta della città di Pisa – Anno 1721 – Toma Forlino Bibliotecario e Notaro di Pisa». Qualche cosa di simile a questo nostro manoscritto si trova in ATP, XX, pp. 322-339.

155. P. Lutzu (in BBS, II, pp. 21 ss.) ricorda l’antichissima chiesa di San Francesco d’Oristano che fu fatta demolire dall’arcivescovo Mons. Bua per trovarvi un tesoro.

156. Si chiamano Su scusórgiu una sepoltura di gigante presso Bauneie un nuraghe a Gesturi e a Sini. Un nuraghe De su schisórgiu è vicino a Santadi, un altro detto Su siddádu è nel territorio di Sindia ecc. Anche i tumuli megalitici dell’Africa sono considerati come nascondigli di tesori (vedi R. Pettazzoni, La religione cit., pp. 160-161).

157. Un territorio ricco di tesori sarebbe intorno a Dorgali, dove si trovano varie regioni dette S’iscusórgiu di Biristéddi, S’iscusórgiu Lotronidda, S’iscusórgiu sa Serra, S’iscusórgiu Lortéi ecc.

158. P. Lutzu, in BBS, II, pp. 20 ss.

159. E. Costa, Adelasia di Torres cit., p. 131.

160. Questo dovrebbe trovarsi presso il Signor Bernardo Dessy, sindaco di Esterzili, il quale però mi fece comunicare che l’avea smarrito.

161. Non mancano però i fortunati; di molte ricche famiglie, si dice che abbiano iniziato la loro fortuna con la scoperta di un tesoro, al quale si attribuiscono pure le ricchezze dei Cresi leggendari di Sardegna (vedi G. Ferraro, in ATP, XXII, p. 448 e cfr. n. XCVIII.

162. Vedi n. CXXV.

169. E. Costa, La Bella di Cabras, Cagliari, 1888, p. 444, nota 1.

170. Vedi n. LXXXVIII.

171. A. Useri, in RTP, anno II, fasc. V, p. 354.

172. Qualche volta è anche il più avaro e, come tale, è fatto segno ai frizzi e al sarcasmo della satira popolare. Vedi per es. La Piccola Rivista (anno I, n. 15, p. 12), dove si riporta un dialogo umoristico tra frate Giuseppe e la sua perpetua Cristina.

173. Questa idea deve essere stata suggerita dai numerosi monumenti sepolcrali a forma di botte che si trovavano nell’isola e di cui qualche campione si conserva anche nel museo cagliaritano (vedi A. Della Marmora, Itinerario cit., p. 240, n. 6 e cfr. G. Finamore, in ATP, II, p. 376).

Crediti foto Gino Bottiglioni: https://www.contusu.it/gino-bottiglioni/

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